In quest’ultimo periodo, in questi giorni uggiosi che sembrano
appartenere più all’autunno che alla primavera, sto riflettendo parecchio su un
paio di cose.
La prima è che mi sta passando la voglia di fare un giro in libreria,
ed è gravissimo.
La seconda riguarda le mie collaborazioni con le case editrici.
So che è vantaggioso, vista la mia passione per la lettura, collaborare
con le case editrici ma spesso (sempre più spesso) mi vedo costretta a
rifiutare le letture che mi propongono perché se dovessi recensire uno di quei
libri finirei con lo scrivere una recensione davvero molto negativa.
Il motivo?
Non si scrivono più libri belli.
Un momento, preciso meglio: tanti autori, famosi e non famosi, self o
editati, non sono capaci di scrivere bei libri.
Si diffonde l’arte del brutto scrivere.
Storie insulse, allungate con frasi che non trasmettono niente,
personaggi che non hanno nulla da raccontare.
Libri “friendly” che sono composti da post di facebook, libri pieni di
consigli inutili, libri sull’autostima colmi di aforismi che lasciano il tempo
che trovano.
Libri scritti come fossero un articolo di giornale, scarni e privi di
descrizioni, di respiro, di emozioni.
Libri scritti al presente indicativo, come se il protagonista mentre
deve salvare il mondo sta anche seduto davanti al suo computer e scrive la sua
storia.
Non mi piacciono questi libri scritti tanto per scrivere qualcosa,
scritti da chi non è scrittore ma si sente uno scrittore.
La brutta letteratura manda in crisi gli sforzi di quegli scrittori che
invece lavorano con passione, che scrivono perché hanno qualcosa da dire e lo
fanno anche molto bene, lo fanno con impegno.
Si dice che la letteratura è fatta soprattutto di prodotti scadenti fra
cui spiccano ogni tanto pochi capolavori.
Non sono d’accordo.
La letteratura può e deve essere costituita da bei libri.
Belli perché scritti bene, perché hanno un messaggio, perché anche se
non hanno incontrato il nostro favore non ci si pente di averli letti e soprattutto
non si ha la sensazione di aver gettato via il proprio tempo.