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(S)cortesie per gli ospiti

Farsi giudicare è una moda tutta moderna. A molte (troppe) persone piace vivere delle altrui critiche, piace possibilmente farsi incensare e stare sul podio.
Alcune di queste le vediamo in televisione più o meno ogni santa sera, in uno dei programmi meno riusciti del network di Real Time: Cortesie per gli ospiti.


Partiamo dal titolo: da dove proviene Cortesie per gli ospiti? 
Siccome la maggior parte degli italiani sta alla cultura come un orso polare sta al caldo tropicale, ve lo dico io: Cortesie per gli ospiti è un magnifico thriller del 1990 con Helen Mirren, Natasha Richardson, Christopher Walken e Rupert Everett dove c’è di tutto e di più eccetto, appunto, le suddette “cortesie” per gli ospiti.


Il programma di Real Time, dal titolo a questo punto assolutamente dissonante, ha per giudici Csaba Dalla Zorza, Luca Calvani (che di recente ha sostituito Diego Thomas) e Roberto Valbuzzi, ed è il reboot del primo format (molto più bello) con Alessandro Borghese, Chiara Tonelli e Roberto Ruspoli.
Come funziona?
Facile.
Ci sono due coppie di concorrenti che si offrono di aprire le loro “modeste” dimore ai tre giudici, cucinano per loro e si lasciano appunto giudicare in attesa di ricevere il premio in palio.
Questo sulla carta.
Poi nella realtà ci sono dei casting che si basano sui redditi delle singole coppie, su quanto le case sono straricche, su quanto i concorrenti sono raccomandati e anche sull’aspetto fisico (fateci caso, mai visto un disabile in questo programma? Mai visto qualcuno di “esteticamente non perfetto”?).
Il regista, su suggerimento dei giudici, stabilisce un copione e a tavolino si sceglie già la coppia che vincerà il premio.
Si firma un contratto e si chiude lì, il resto è finzione pura.

Le scenette sono infatti girate ad hoc, sono il mezzo per lasciare spazio ai veri protagonisti del format: i tre giudici.
Voglio partire da un presupposto: personalmente io sono dell’avviso che nessuno dovrebbe vivere con la dipendenza da giudizio. Infatti dico sempre che le recensioni che faccio dei libri sono opinioni personali e che siete liberissimi di leggere un libro anche se a me non è piaciuto, in quanto bisogna essere scevri dai giudizi.


Detto ciò, chi sono questi mirabolanti giudici?
La new entry è Luca Calvani, la dimostrazione vivente che in Italia basta saper fare un lavoro per saperne fare in automatico mille altri.
Luca è infatti un attore (ma in Italia tutti se lo ricordano solo per il reality l’Isola dei famosi) e in automatico è anche architetto d’interni, o come si dice ora per fare “english” è un interior designer, ovvero colui che guarda la casa e se non vale almeno qualche fantastiliardo di euro comincia a criticarla con malcelato disprezzo, come se fosse la catapecchia di un pezzente.

Roberto è un nutrizionista che dopo aver partecipato a trasmissioni come La prova del cuoco, con la fantasia e un tocco di nepotismo (visto che lavora nella fattoria/ristorante di famiglia) diventa uno chef senza aver mai frequentato una scuola di cucina.
Il suo compito è quello di giudicare i piatti preparati dai concorrenti.
Sappiate che ogni cosa cucinata per lui non va bene.
Lui è l’uomo de “non si mette il midollo nel risotto alla milanese” e “il sartù deve essere cremoso”: detto questo, detto tutto.

E poi c’è lei, Csaba palo nel culo.
Non fatevi incantare dal nome, non proviene da paesi esotici: il nome è quello di un famoso ciclista ungherese e si pronuncia “ciaba” ma siccome fa cagare, allora si usa la “chiccheria” della cs pronunciata come x.
Csaba è italianissima, comincia la sua carriera collaborando con riviste femminili, poi si è diplomata come chef di cucina francese a Parigi ma si occupa di lifestyle ovvero di giudicare come le persone accolgono i loro ospiti e li mettono a loro agio.
Ovviamente per Csaba nulla va bene: solo lei, prototipo di Dio sceso in Terra, sa come fare le cose, sa come comportarsi, sa tutto. Salvo che poi, per fare la stronza perfettina, risulta di una maleducazione che ha dell’incredibile.
Faccio presente che a differenza di altre persone celebri, per esempio Carla Gozzi che ha una scuola di bon ton, Csaba non ha alcun titolo per occuparsi di lifestyle.
Ma, si sa, se in Italia sai fare una cosa in automatico diventi un tuttologo.

I giudici sono insopportabili.
Tre cafoni al limite dell’umana pazienza che aprono siparietti indecenti, sputtanano i concorrenti come se non ci fosse un domani e si comportano in maniera inaccettabile.
Non ti va bene la mia libreria perché è Ikea e non è stata fatta a mano da un falegname? Tesoro, quella è la porta e puoi andare a fanculo.
Ti fai venire lo sturbo perché ho tagliato le patate a julienne e non a cubetti? Come sopra.
Hai una crisi isterica perché il cucchiaio, il centrotavola, il tovagliolo o il cazzo che ti piglia non sono all’altezza del tuo ego smisurato? Prego, come prima. Per andare a fanculo spazio ce n’è sempre.

Chissà, forse ci prende un po’ anche l’astrologia, per una volta.
Luca e Roberto sono del Leone, il segno dell’ego, del narcisismo e della boria.
Csaba è una Vergine, il segno della superbia e della perfezione egocentrica.

Astrologia sì, astrologia no, rimane una grande verità: guardate Luca, Roberto, Csaba e fate tutto l’opposto di quello che fanno loro.
L’ipocrisia, il galateo da borghese arricchito che se la deve tirare, la cucina da ristorante stellato senza sostanza, ormai sono passate di moda.
Ma il saper vivere, il buon mangiare anche in un piatto di plastica e divertirsi anche in un monolocale arredato alla cazzo, insomma l’essere genuini, questo non passerà mai di moda.
Essere se stessi ripaga sempre.