Recensioni e post

La domenica in rosa #15



Trama
In un albergo di New York per sole donne, Esther, diciannovenne di provincia, studentessa brillante, vincitrice di un soggiorno offerto da una rivista di moda, incomincia a sentirsi "come un cavallo da corsa in un mondo senza piste". Intorno a lei, sopra di lei, l'America spietata, borghese e maccartista degli anni Cinquanta. Un mondo alienato, una vera e propria campana di vetro che schiaccia la protagonista sotto il peso della sua protezione, togliendole a poco a poco l'aria. L'alternativa sarà abbandonarsi al fascino soave della morte o lasciarsi invadere la mente dalle onde azzurre dell'elettroshock. 

L’autrice

“Dalla cenere io rinvengo, e con le mie rosse chiome, divoro uomini come aria di vento.”

Una casa sull’oceano, un padre professore di cui è la preferita, una madre devota al proprio ruolo, un fratello che ha poco spazio nel suo triangolo edipico, questo il teatro dell’auto-mitologia della poetessa e scrittrice americana.
«Il paesaggio della mia infanzia non fu la terra, bensì la fine della terra, le fredde, salate, fluenti colline dell’Atlantico. A volte, penso che la mia immagine del mare sia la cosa più chiara che possiedo… E in un flusso di ricordi, i colori si fanno più profondi e brillanti, il mondo di allora respira».
È la madre che fa scoprire ai due bambini la gioia selvaggia della poesia, ma sarà solo il padre, morto precocemente quando Sylvia ha otto anni, l’unico destinatario delle poesie. Alla madre Sylvia scriverà per tutta la vita lettere minuziose che raccontano la vita brillante, l’eccellenza negli studi, i riconoscimenti al precoce talento letterario, i numerosi corteggiatori. Ma il lato solare della giovane donna perfetta, incarnazione del sogno americano, vaga nell’ombra della depressione che oscura tutte le pagine del diario, anche quelle della grande felicità trovata nella relazione con Ted Hughes, futuro poeta laureato d’Inghilterra, il colosso che riporterà in vita il padre morto e che perseguiterà la poetessa sino all’esito finale di un suicidio che è ingiusto scegliere come chiave di lettura dell’intera opera poetica.
Pubblicato nel 1963, un mese prima del suicidio dell'autrice, “La campana di vetro” è l'unico romanzo di Sylvia Plath. Fortemente autobiografico, narra con stile limpido e teso e con una semplicità agghiacciante le insipienze, le crudeltà incoscienti, i tabù assurdi capaci di spezzare qualunque adolescenza presa nell'ingranaggio stritolante di una normalità che ignora la poesia. 

Perché leggere questo libro?
Per conoscere la vera Sylvia Plath , donna di grande cultura, tormentata dai suoi fantasmi mentali, non solo attraverso le sue poesie.