Rieccomi per parlare nuovamente dell’ultimo romanzo di Francesca A.
Vanni, Il Giorno del Dolore, di cui vi ho già parlato in anteprima.
Le anteprime però sono sempre una lama a doppio taglio perché se da una
parte invogliano i lettori a scoprire un libro di prossima pubblicazione,
dall’altra legano le mani al recensore che per non fare spoiler non può
sbilanciarsi più di tanto.
Ecco perché, d’accordo con l’autrice, oggi recensisco il romanzo per la
seconda volta.
Ci troviamo davanti a un libro di fantascienza distopica.
Per chi non lo sapesse la distopia è quella parte della fantascienza in
cui ci si immagina un presente o un futuro del tutto diverso dal nostro.
Il mondo in cui è ambientato Il Giorno del Dolore non è più la Terra,
il nostro pianeta è stato abbandonato da secoli e i pochi superstiti scampati
alla guerra nucleare e alla carestia hanno colonizzato un nuovo pianeta.
Questo pianeta è Pax ed è governato da una gilda di pochi eletti, i
Legislatori, che insieme alla Sorveglianza si “preoccupano” del bene della
popolazione.
Ogni cosa su Pax sembra funzionare a meraviglia: gli abitanti del
pianeta sono felici, sereni e tranquilli.
Anche troppo.
E qui comincia la nostra storia.
Kyp, il giovane protagonista della storia, è un ragazzo diverso da
tutti gli altri.
Prova sensazioni strane, sentimenti a cui non riesce a dare un nome ed
è curioso, troppo curioso.
Non vi rivelo altro, per non rovinarvi il piacere di scoprire cosa
accadrà nel libro.
Voglio invece parlare dei temi del romanzo, che sono più di uno e tutti
molto importanti.
Al centro della narrazione ci sono i sentimenti: il libro infatti è un
inno alle emozioni, ci ricorda che una persona è tanto più autentica quando è
consapevole dei sentimenti che prova. Da qui il titolo del libro, Il Giorno del
Dolore.
Poi c’è l’amicizia, lo spirito di squadra che lega i protagonisti che
nel corso della narrazione compiono tutti un enorme percorso evolutivo.
Ci sono anche l’ambizione e la sete di potere smisurata che si
incarnano negli antagonisti, in particolare nei personaggi di Roger e Harris.
C’è l’importanza della memoria, che ritroviamo nei personaggi di
Benedict (che si rivela come un deus ex machina) e Finn.
Finn in particolare mi ha colpito tantissimo. È un androide ma è anche
un personaggio umanissimo, e a lui l’autrice ha affidato il compito di
tramandare la memoria degli eventi narrati nel libro.
Sempre a Finn viene assegnato il finale del romanzo, con un discorso
che mi è rimasto impresso nel cuore e nella mente.
Rileggerei questo libro?
Sì, e più di una volta.