TITOLO: Soltanto un brandello di pioggia
AUTORE: Clara Bartoletti
GENERE: Thriller
CASA
EDITRICE: Youcanprint
Trama:
Ivy Santo ha ereditato la casa dello zio
Cristo, e subito inizia a vedere personaggi che si aggirano nel giardino. Le
strane presenze la invitano a scoprire cosa sia successo alla zia Abigail,
scomparsa durante la crociera della luna di miele alle Bahamas negli anni
sessanta.
Ivy ritrova alcuni indizi e comincia a
mettere in ordine i pezzi: la storia di Abigail comincia prima dello scoppio
della seconda guerra mondiale, quando era un'intoccabile, una zingara albina.
Il destino l'ha portata fino a New York,
dove incontra Cristo, un insegnante d'inglese che, innamoratissimo di lei, la
sposa. È l'inizio di una bella storia d'amore o invece la continuazione di un
dramma lontano?
E Martin, il marito di Ivy, dov'è
finito? Due storie legate assieme, di scomparsa, di morte, di sovrannaturale,
di guerra, quella stessa che dopo tanti anni ancora non lascia scampo.
Nell'introduzione di Chiara Saccavini, botanica, giornalista e scrittrice si
legge: "È questa una storia intessuta di storie: raccontate con una prosa asciutta
e concreta, senza fronzoli né falsa retorica. Sono storie "dure",
vissute da donne che trovano dentro di sé una forza sconosciuta, una voglia di
vivere a tutti i costi, che ancora una volta ricorda i fiori che hanno dentro
di loro quella magia che li fa tornare ogni primavera, qualsiasi cosa
accada."
Questo libro è un thriller particolare,
che si svolge su due piani narrativi distinti ma sempre in collegamento fra
loro.
Le donne protagoniste di questa storia
sono due: Ivy e sua zia Abigail, morta in circostanze misteriose a bordo di una
nave da crociera.
Ivy vuole scoprire cos’è accaduto ad
Abigail, e perché il suo spettro continua a tormentarla.
Ma nel frattempo il lettore sa anche che
Ivy ha fatto qualcosa, qualcosa che anche lei si rifiuta di ammettere, e così
deve cercare di risolvere non uno ma due misteri.
Le storie sono accompagnate da molti
elementi comuni in un susseguirsi di dubbi, sospetti, colpi di scena e
intrighi.
L’autrice ci fa spostare dagli anni del
secondo dopoguerra ai giorni nostri, in un continuum scandito dai ricordi di
Ivy, da vecchie lettere e da due elementi molto peculiari: la pioggia e i
fiori, che qui hanno un significato preciso che aiuta il lettore a seguire meglio
l’andamento della narrazione.
Da ogni cosa che dicevamo, da ogni cosa che facevamo, era chiaro che
si capiva che eravamo belli, ricchi, forse felici.
La felicità è uno stato d’inerzia, in realtà, e non è fluida e non
si muove.
Si è felici quando tutto va secondo i nostri piani, quando non ci
sono scosse, ma quando sopraggiunge un tremolio –un attentato alla stabilità- o
quando parte un mattone portante e quando questi buchi diventano due o tre o
anche dieci sono crepe, dissesti e crollo della felicità.
Ottime le descrizioni, di ampio respiro
e molto dettagliate, che offrono spazi dove poter riflettere e cercare di
ricostruire cosa è accaduto alle due donne.
Ho trovato ottimi anche i personaggi
secondari, poiché servono a spiegare alcune parti oscure della narrazione senza
rovinare l’andamento della storia.
L’unico ostacolo che ho trovato, da
lettrice, è stata la prosa un po’ troppo asciutta e molti periodi incastrati
fra loro tramite l’utilizzo delle parentesi ma per il resto la lettura mi ha
coinvolta e presto leggerò con piacere altri libri di questa brava autrice che
sa emozionare con intensità.
L’autrice risponde:
1-Da dove nasce la tua passione per la
scrittura?
Ho cominciato a scrivere da
ragazzina, in seconda media. I primi personaggi delle mie storie erano i miei
compagni di classe. A tredici avevo già scritto un piccolo giallo per ragazzi e
una storia di fantascienza. Sono sempre stata anche un’affamata di letture, dagli
horror alla fantascienza, dalle saghe ai classici. Devono essere storie che mi
incuriosiscono e mi diano emozioni.
2-Il tema della follia è molto importante in
questo romanzo. Come mai hai deciso di utilizzarlo?
In tutti i miei romanzi i
personaggi non sono mai tanto lucidi, o per lo meno soffrono di qualche trauma
o sindrome da indurli a comportarsi in modo strano. La parte psicologica delle
persone in generale mi affascina, ed essendo un’amante dei thriller in
generale, mi piace giocare con gli aspetti inquietanti della psiche umana. In
fondo, siamo tutti un po’ folli…
3-Da dove nasce l’idea di creare due storie
parallele?
Dove non saprei, trovo che sia
interessante per i lettori avere a che fare con più storie. Può essere
faticoso, ma credo che il lettore debba essere stimolato, o si annoierà molto
presto se avrà a che fare con una storia sola, soprattutto se non è
emozionante. Il libro una volta finito, non appartiene più a chi l’ha scritto,
ma ai lettori. Ognuno così può avventurarsi nel romanzo, usando la sua
immaginazione e provando sentimenti contrastanti (gioia o dolore, secondo quale
dei due filoni sta seguendo). Le mie storie sono a imbuto: iniziano dalla
lontana, con due o tre storie apparentemente slegate l’una dall’altra e poi
convergono nel buco, dove la soluzione esce con forza, ma non è detto che
quello che sta sgorgando sia un finale finito…l’acqua corre ancora, a ogni
lettore sta la riflessione se il finale sia di suo gusto o meno.
4-Perché hai scelto di inserire, attraverso
Abigail, un richiamo al periodo delle persecuzioni naziste?
Questo è il mio quinto romanzo, e
già nel primo c’era un piccolo cameo sulla seconda guerra mondiale, mentre nel
secondo si parlava proprio della persecuzione ebrea. Trovo che sia (purtroppo)
un argomento ancora attuale: nel mondo ci sono ancora persecuzioni e
intolleranza tra popoli e credo che ricordare certi fatti (romanzati o reali)
non sia mai abbastanza, perché le persone invecchiano, e i giovani non hanno
vissuto né possono aver memoria di crudeltà passate, ancora così vicine a noi.
Lo faccio per non perdere mai di vista quello che l’uomo è capace di fare, che
potrebbe benissimo evitare di perpetrare ancora.
5-Il libro gioca molto sui concetti opposti di
apparenza onirica e realtà. Per te la realtà, a volte, può essere un po’
onirica?
Direi che il sogno può essere a
volte molto reale, tanto da indurmi a pensare di non aver sognato, ma vissuto
veramente. I miei sogni sono spesso molto ricchi di particolari, e mi piace
infilarli nelle mie storie. Invece è la realtà ad essere
spesso un incubo, che supera spesso l’immaginazione.
6-Un altro filo conduttore del tuo romanzo è la
botanica. Da dove nasce la tua grande passione per le piante e i fiori?
Il mio primo romanzo si chiama
April Rose, il terzo Tra le spighe d’amarena, il quarto Betulla Rossa…beh sì,
mi piacciono i fiori e le piante, non solo per la loro meravigliosa natura con
cui abbelliscono la nostra vita, ma anche per i significati intrinsechi e poco
conosciuti che rappresentano, spesso raccontati in leggende antiche e in storie
di cultura popolare che non andrebbero mai dimenticate.
7-Se dovessi associare a te stessa un fiore,
quale sceglieresti e perché?
La vanità della rosa, ovviamente.
Anche perché pungo, ogni tanto, usando l’ironia che stempera la visione
pessimistica che ho in generale del mondo odierno.
8-Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho in progetto un altro romanzo,
ambientato tra la prima e la seconda guerra mondiale una parte, e l’altra
storia oggigiorno. Due storie che appartengono alla stessa persona, anche se a
prima vista non sembra possibile. Ma il lavoro mi prende molto tempo e non so
quando potrò pubblicarlo… vedremo.
Grazie per aver risposto alle mie domande!
Prego, grazie a te per avermi
dedicato del tempo! Non vedo l’ora di leggere la tua recensione.