TITOLO: Nostalgia di
cartapesta
AUTORE: Maria Caterina
Basile
GENERE: Narrativa
CASA EDITRICE: AUGH!
Edizioni
Trama:
Nella cornice di una
città barocca come Lecce ed in quella della sua arcaica e animata provincia, si
svolge la vicenda di Salvatore D’Amato, trentenne dall’animo irrequieto e
visionario.
Figlio di una maestra e
di un direttore di banca, ha alle spalle un’infanzia agiata ma povera di
affetti. Turbato profondamente dal divorzio dei genitori, dalla depressione
della madre e dall’abbandono del padre, all’età di diciotto anni decide di
andare a lavorare presso il prozio Enzo. Quest’ultimo, anziano maestro
cartapestaio, gli rivela i trucchi di un antico mestiere e lo accoglie in casa.
Salvatore ha un carattere
particolarmente sensibile che lo porta a isolarsi dal mondo circostante –
soprattutto da quello familiare, che sopporta a stento – e a rifugiarsi in
realtà fantastiche, oniriche. Questo continuo sottrarsi alle difficoltà della
vita gli ha impedito di diventare adulto e sempre più urgente si fa, in lui, la
necessità di mutare le sue sofferenze in un’esistenza appagante.
Il libro si apre con la
morte della nonna e si chiude con quella del fratello tossicodipendente,
Fernando. Nel mezzo, una profonda trasformazione interiore porta il protagonista
ad infondere nel presente e nel passato l’incanto delle sue visioni, rendendo
vivibile il primo e accettabile il secondo. Fondamentale, in tale cambiamento
da succube a “creatore”, la briosa figura del prozio Enzo, il quale, con
infinita pazienza, lo guida verso una svolta definitiva, insegnandogli ad avere
fiducia nella vita, a perdonare, a spezzare la schiavitù della rabbia.
Salvatore conosce infine
Maria Elena, ragazza madre in fuga da un compagno con problemi di droga. È
assieme a lei e a suo figlio Riccardo che inaugura una nuova fase della sua
vita: osservando la spontaneità e la tranquillità con le quali il bambino
riesce a dare fondamento al gioco, Salvatore compie infatti il passo decisivo
verso una maturità in cui il fanciullo e l’adulto, la realtà e il sogno
convivono serenamente.
Una fiaba moderna, un libro fatto di grandi riflessioni e piccoli
momenti felici: ecco cos’è “Nostalgia di cartapesta”.
La bottega che sorge in via Arte della Cartapesta è un mondo a sé,
distante dai vizi della realtà contemporanea e dal male che sorge dai
pregiudizi e dalle scelte sbagliate.
È un’oasi del cuore, dove si cresce affrontando dolori e paure con la
costante certezza di avere in sé la forza per cambiare le cose e se stessi.
Salvatore detto Totò ed Enzo sono due figure emarginate, in un certo
senso.
Eppure il loro essere emarginati gli consente di osservare il mondo per
ciò che è, senza lenti rosa, e di saperne trarre il meglio.
In questo breve libro ci sono momenti di riflessioni importanti, richiami
alla filosofia del Carpe Diem di Orazio e un continuo fil rouge che spinge il
lettore a riflettere sull’inutilità dei pregiudizi e su quanto spesso siamo noi
stessi a frenarci nella nostra evoluzione per paura del giudizio (inutile)
degli altri.
Quanti anni ho lasciato passare,
stordendo la mia anima di tristezza, non permettendole di deliziarsi del sole!
Inchiodato dall’angoscia, ho smesso di sentire. Adesso cammino nel mio
paese-presepio. Il passato alle spalle, non più così vicino da farmi incespicare
nel presente che calpesto. Futuro radioso di un cuore che ama tingersi
d’azzurro gli occhi e le mani.
Più che un romanzo lo definirei un testo poetico, come accade per “Il
piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry, che tocca il cuore di chi lo legge.
Il difetto di quest’opera, che poi è anche il suo pregio, è la brevità.
Da una parte ci si sarebbe aspettati un migliore sviluppo della trama e
dei personaggi (in effetti, il personaggio meglio riuscito è soltanto Enzo che
funge da Virgilio dell’opera guidando il lettore nel viaggio letterario) ma
dall’altra si ha la consapevolezza che il libro è lo stesso perfetto così
perché è come una tela bianca su cui poi il lettore stenderà le proprie
pennellate di colore per completare l’opera e farla sua.
1-Presentati ai tuoi lettori: chi è Maria
Caterina Basile?
Un’amante dei libri, fin da
bambina. Probabilmente a causa del mio carattere introverso, mi sono sempre
“rifugiata” nella lettura. Durante l’adolescenza ho tanto apprezzato e amato
gli scrittori “beat” e posso dire di aver iniziato a scrivere proprio grazie a
J. Kerouac. Ovviamente, allora l’idea di pubblicare un libro non mi sfiorava
neppure: scrivevo per me, per creare un mondo nel quale trovare riparo. Oggi,
invece, scrivo per condividere le mie emozioni con gli altri ed è un’esperienza
davvero gratificante, unica.
2-Come è nata l’idea di scrivere questo
libro?
“Nostalgia di cartapesta”, così
come il mio primo romanzo, “Vita di paese”, nasce come un atto d’amore verso il
Sud, la mia famiglia, la mia terra non solo d’origine, ma anche di adozione, il
Salento, dove vivo ormai da 17 anni.
Alla base vi è la volontà di
opporre, ad una società che ha perduto ogni senso di comunità ed in cui ognuno
si considera estraneo al destino degli altri, l’umanità nella sua essenza più
vera, primitiva, selvaggia, naturale e non artificiale, costruita, robotica.
Salvatore ha un senso di
nostalgia per un mondo che sta scomparendo, ma che non si lascia dimenticare:
egli è insomma alla ricerca di una bellezza imperitura che sappia adattarsi
anche al presente, consapevole che “Non esiste successo terreno che dia la
felicità il benessere delle piccole cose eterne”.
3-Credi anche tu, come Totò ed Enzo, che ogni
persona se lo vuole può costruire e trovare la propria felicità?
Certo. Non è un caso che una
delle epigrafi che ho voluto apporre sulle prime pagine del libro appartenga
all’ultimo dramma di Luigi Pirandello, “I giganti della montagna”. Si tratta di
una citazione del protagonista Cotrone, il mago che, connettendosi idealmente
alle scoperte di Mattia Pascal e di Vitangelo Moscarda, abbandona per sempre la
realtà, affermando non solo di credere agli Spiriti, ma addirittura di crearli,
“con la divina prerogativa dei fanciulli che prendono sul serio i loro
giuochi”, dando così vita ad una “realtà meravigliosa”, alienato da tutto,
“fino agli eccessi della demenza”. Dalle sue parole traspare una scelta ben
precisa, quella di inventare la verità, infondendo nella realtà, al fine di
renderla vivibile, la magia e l’incanto, la libertà dei sogni. Nell’opera pirandelliana
vi è una particolare insistenza sull’urgenza che l’uomo contemporaneo ha di
riscoprire l’ingenuità e la naturalezza proprie dei bambini, i quali prendono i
giochi seriamente, sostituendo spontaneamente l’immaginazione alla realtà.
Cotrone sceglie dunque di rifugiarsi in un mondo alternativo, appartandosi da
quello dei Giganti, potenti creature che rappresentano il potere, la realtà
industriale moderna (e probabilmente il regime fascista). Allo stesso modo,
Salvatore trova rifugio nella bottega dell’anziano prozio, un luogo in cui “è
custodito il segreto di una felicità puerile e favolosa, dell’ebbrezza dei
sogni dell’infanzia” e “l’invisibile” prende vita “dalla paglia, dallo spago,
dalla carta”. Lì può respirare, appunto, “aria favolosa” e le sue paure vengono
finalmente esorcizzate nel prodigio della creazione, non solo di statue e
sogni, ma della sua stessa vita.
4-Cos’è per te la felicità?
Essere circondati da così tanto
amore che tutto il resto diventa superfluo.
5-Che progetti hai per il futuro?
Scrivere: è l’unica attività che
mi doni gioia, che mi fa sentire completa, viva.
Grazie Maria Caterina per aver risposto alle mie domande.
Nota bio-bibliografica:
Maria Caterina Basile è nata a Taranto nel 1981.
Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureata in Lingue e
Letterature Straniere all’Università del Salento.
Le sue liriche sono apparse su diverse antologie e sulla rivista Gradiva,
International Journal of Italian Poetry (Stony Brook, NY, 2011).
È autrice di Timothy Leary. La religione della coscienza dalla
rivoluzione psichedelica ai rave (Alpes Italia, Roma, 2012) e di Vita di paese (Nulla
Die, 2017).
Attualmente vive in provincia di Lecce.