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Vikings: una serie fallimentare

Oggi non voglio parlare di libri ma di una serie televisiva che ho finito di guardare di recente, tanto per cambiare un po’ argomento.
La serie è Vikings, creata da Michael Hirst già conosciuto per la serie I Tudors.

Allora, da dove partire?


Farò un mini resoconto della storia, a grandi linee: Vikings parla di un gruppo di Vichinghi che vive nella città immaginaria di Kattegat (Kattegat esiste, ma è uno stretto di mare fra la Svezia e la Danimarca).
Il protagonista, almeno per quattro stagioni, è Ragnar Lothbrok e insieme a lui ci sono tanti altri personaggi che compongono una rosa davvero infinita e lunga da elencare: perciò, se vi va, date uno sguardo qui.

La serie si compone di sei stagioni e ha uno snodo principale: la morte di Ragnar, che avviene nella quarta stagione.
Ora, essendo stato Ragnar il protagonista assoluto, il traino della serie, colui che ha condotto il suo popolo in giro per mezza Europa, il re dei vichinghi, capite che togliere di mezzo un personaggio del genere è stato un errore madornale.
Infatti non sono bastati Lagherta, moglie di Ragnar, e i figli (Bjorn, Ubbe, Hvitserk, Sigurd e Ivar) a reggere le sorti della storia, complice il fatto che c’era una certa fretta di chiudere e che la narrazione era già agli sgoccioli.


Proprio così, perché non si può basare una serie sull’aria fritta.
Sì perché questa serie è strapiena di sbagli e imprecisioni.
Prima di tutto parliamo dei personaggi: è inammissibile prendere dei personaggi storici realmente esistiti e mescolarli in un milkshake assurdo fatto di anacronismi e fatti mai accaduti.
Non si può prendere, per esempio, un re come Alfredo il Grande e renderlo una macchietta che cade in catalessi ogni cinque secondi e teme i vichinghi quando nella realtà li ha cacciati dall’Inghilterra e ha unito il regno concludendo la missione di suo padre Egberto.
Non si può sostenere che i Russi abbiano conquistato Costantinopoli quando l’unico assedio dell’860 d.C. fu un fallimento totale.
Non si può ipotizzare che un gruppo di Vichinghi possa bellamente attaccare una moschea in Spagna e violentare le donne dell’harem del Sultano senza una risposta da parte dell’esercito di Maometto.
Non si può mostrare un Papa debole, quando dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente fu proprio il Papato a rendere l’Italia una nazione forte e l’Europa un insieme di Stati sovrani uniti nel nome di Dio.
E questi sono solo dei piccoli esempi che dimostrano come la serie sia qualcosa di assurdo, dal punto di vista storico.
Tanto valeva fare un fantasy.

E i personaggi?
Spiegatemi che senso ha creare un cattivo senza motivazioni.
Ivar senz’ossa, ultimo figlio di Ragnar, è l’antagonista meno convincente che esista.
Nato storpio, non si accetta dome disabile e passa tutta la vita a pensare di ammazzare chiunque gli stia intorno... così, perché non sa cosa fare.
Non gli interessa regnare, anche se si definisce un dio, non vuole nuove terre né tesori. Ammazza e basta, fino alla morte che lo coglierà nell’ultima puntata della serie.
Abbiamo avuto un templare, il vescovo Ehmund, ma anche quel personaggio è stato giocato male. C’era Bjorn la Corazza ma anche lui, come la madre Lagherta, fa una fine cretina e insensata e alla fine non rimane niente dei grandi protagonisti che erano stati.
C’è Hvitserk, drogato e alcolizzato, che dopo una vita di uccisioni e battaglie si converte per magia al cristianesimo senza una reale motivazione.
E poi ci sono i morti.
Tre quarti dei personaggi muoiono in un modo assurdo, tolti di mezzo solo perché l’autore della serie non sapeva come tirare avanti le fila della storia.

Il tema dell’esplorazione norrena, la grande occasione narrativa, il vero asso nella manica per dare un senso alla serie, è stato sviluppato malissimo.
Le guerre con gli inglesi sono uno show per dimostrare che solo i Vichinghi sono belli e fighi e vincono sempre anche quando è palese che sono stati sconfitti perché loro devono uscire vittoriosi a ogni costo.
Lo scontro con la Francia è trattato in maniera ignobile.
La colonizzazione dell’Islanda e della Groenlandia sono una ripresa del libro Il signore delle mosche dove si gioca al massacro finché non ne resta soltanto uno.
E anche l’arrivo in Canada è sciorinato brevemente e in maniera inesatta, dal momento che i Manitoba non accettarono di buon grado l’arrivo degli invasori e occorsero decenni prima di raggiungere una tregua collimata in un matrimonio che unì i due popoli.

L’unico a salvarsi in questo disastro è Floki il Costruttore, personaggio inventato che compie una vera evoluzione: da guerriero che crede ciecamente negli dèi norreni e crede che i Vichinghi conquisteranno il mondo diventa un uomo saggio che capisce che il mondo deve sostenersi sulla pace e sulla tolleranza e dà vita a un grande cambiamento.

E dire che con la serie dedicata a Enrico VIII, Michael Hirst aveva seguito la Storia e creato dei capitoli mozzafiato.
Evidentemente quando ha creato Vikings dev’essersi perso per strada.